Riportiamo qui di seguito un intervento di Fredo Valla, autore del soggetto e cosceneggiatore del film Il vento fa il suo giro, apparso sul supplemento “Donna” di Reppubblica il 19 gennaio 2008. Riteniamo possa essere interessante come spunto per una discussione costruttiva sulla indiscutibilmente difficile situazione che il nostro cinema sta attraversando.
Al cinema, come al supermercato, il sistema delle sale è paramafioso: lo spettatore/consumatore vede e consuma ciò che gli viene imposto di consumare.
Accuse pesanti, quelle del regista Pasquale Scimeca, autore di Rossomalpelo, dai microfoni di Hollywod Party (Radio Tre).
«In Italia il 97% del mercato passa per sei distributori, che in realtà sono tre: Disney, Buena Vista e Warner. I grandi distributori, spesso anche proprietari di cinematografi e televisioni, usano il potere di veto per determinare il mercato, costringendo anche le sale indipendenti ad accettare le proprie scelte».
lo aggiungo un paio di cose, partendo da quello che è stato il film rivelazione dell’anno passato. Ovvero, Il vento fa il suo giro, diretto dall’esordiente Giorgio Diritti e a cui ho partecipato come sceneggiatore. Ambientato sulle Alpi Occitane, ha avuto una gestazione lunghissima, a partire dalla prima sceneggiatura, che risale al 1994. Per anni ha collezionato rifiuti: no al finanziamento statale e no ai premi di sceneggiatura. No, sempre no!
Nel 2002, finalmente, Diritti convince la Film Commission del Piemonte e ottiene un piccolo budget: meno di 50 mila euro. Allora s’inventa un sistema produttivo, popolare e democratico. Rivoluzionario, verrebbe da dire: coinvolge direttore della fotografia, operatori, fonici, elettricisti, macchinisti, attori (presi dalla strada, anzi dalle montagne) che con lui diventano produttori del film. Nel 2005 il film è finito, ma nessun distributore se ne accorge. Se ne accorgono invece i festival e le rassegne di Londra, Bergamo, Annecy, Lisbona, Los Angeles, New York, Mosca e Roma. Vince premi e convince la critica.
Bene – pensa il regista – il gioco è fatto, qualche distributore si farà vivo e il film andrà nelle sale. Nient’affatto! Nessuno si fa vivo, i pochi distributori che, pressati, si fanno sentire, mostrano sufficienza, maleducazione, qualcuno derisione. Nelle sale il film comunque arriva. Le cinque copie iniziali diventano dieci. Alcuni cinema, specie al nord e sebbene inseriti nel sistema supermercato, iniziano a chiedere la pellicola ma vengono bacchettati, invitati a toglierlo dal cartellone. Diritti telefona sala per sala, raccontando i successi del film, presentato anche alla rassegna “Bimbi Belli” di Nanni Moretti.
Finora Il vento fa il suo giro ha incassato 236.000 euro per essere stato visto da 50.700 spettatori. Forse il miglior rapporto incasso/copia della stagione. Diritti come Scimeca ne è convinto: «Le logiche distributive mettono la qualità del film in ultimo piano. Contano altri maneggi, per esempio i sostegni statali alla distribuzione che garantiscono un guadagno al distributore indipendentemente dai biglietti staccati al botteghino». Il pubblico italiano, insomma, non può vedere un cinema diverso da quello che la distribuzione ha deciso di farci vedere. Il sistema distributivo è un mondo chiuso a cui la qualità importa poco e che poco s’affanna a comprendere i gusti del pubblico. Prevalgono la visibilità, il supermercato, dove pochi stabiliscono cosa mettere negli scaffali, il prezzo e le offerte, per accalappiare il cliente bombardato di pubblicità, farlo entrare tra gli scaffali. Qualcosa comprerà, se sono porcherie poco importa. Dunque, viva Scimeca e chi mette in discussione il sistema distributivo italiano. Il film citato è un piccolo monumento alla scempiaggine di questo sistema. Il suo successo basato sul passaparola rivaluta il ruolo del pubblico, di coloro che al cinema amerebbero poter scegliere fuori dalle commediole omologate.